Cesano di Roma

Libri: quantità o qualità?

Libri: quantità o qualità?

Libri: quantità o qualità?
marzo 26
17:56 2011
Un recente sondaggio, riportato su diversi quotidiani italiani, ha evidenziato come nel nostro paese la consuetudine alla lettura sia molto debole se confrontata al resto d’Europa; in sostanza l’Italia non è una nazione di “lettori forti” (espressione con cui si indica coloro che leggono più di otto libri l’anno). Fermo restando l’importanza di una maggiore apertura verso la lettura (operazione legittima che andrebbe incentivata il più possibile) ritengo che il vero problema, in fondo, riguardi non la quantità ma la qualità dei libri che leggiamo.


La frenetica vita di oggigiorno non consente a tutti di ritagliarsi un piccolo spazio nell’arco della giornata da dedicare alla lettura e quando ciò avviene si preferisce in genere impegnare la mente con qualcosa di molto leggero, di rilassante e appagante che consenta in qualche modo di evadere dal tran tran della vita quotidiana; di conseguenza le scelte dei lettori sono indirizzate verso quella che viene chiamata dagli esperti paraletteratura in cui rientrano generi privi di valore letterario come il romanzo rosa, il poliziesco, il giallo, il thriller, la fantascienza, il romanzo d’avventure e via dicendo. Che si sia d’accordo o no sulla non letterarietà di questi generi, resta il fatto che le classifiche settimanali sono dominate da libri di questo tipo, spesso di bassa qualità.

Sono sempre stato convinto che la letteratura sia lo specchio della società e quindi indice del suo stato di salute; a tal proposito se volgiamo lo sguardo al passato possiamo constatare come i grandi avvenimenti della storia e della cultura abbiano generato opere di alto livello e pregevole fattura: si pensi alla grande narrativa legata alla drammatica esperienza della prima e seconda guerra mondiale, al neorealismo, al periodo del boom economico degli anni Sessanta, al consumismo imperante, alla diffusione delle grandi ideologie del Novecento ecc..

Oggi  le cose sono cambiate profondamente, la società è malata e priva di valori, incapace quindi (a parte poche lodevoli eccezioni) di produrre buona letteratura; insomma, questi mi sembrano tempi di imbarbarimento culturale, sociale e quindi letterario. Si guarda al passato come ad una mitica e irripetibile età dell’oro in cui si era verificata una straordinaria concentrazione di artisti del calibro di Calvino, Bassani, Fenoglio, Cassola, Moravia, Comisso, Parise, Pasolini, Vittorini, Morante,Ungaretti, Saba, Quasimodo, Montale, Penna, Bertolucci, Caproni e tante altre importanti voci dello  scorso secolo che sembrano non avere trovato degni eredi.

Oggi il panorama letterario italiano, tanto nella narrativa quanto nella poesia, non vive la stessa ricchezza  di ingegni e la stessa bontà di ispirazione del passato mostrandosi invece fortemente soggetto alle devastanti logiche del mercato librario che puntano a sfruttare le mode del momento pur di  ricavare  grandi guadagni. Paradossalmente si è arrivati a una situazione in cui la scrittura non è più intesa come arte e quindi come attività riservata a pochi, bensì come pratica potenzialmente esercitabile  da chiunque e quasi sempre per semplici fini di lucro.

L’equivalenza società malata = cattiva letteratura mi porta ora ad affrontare il problema dell’aggiornamento del “canone letterario”: per canone dobbiamo intendere tutto quell’insieme di testi letterari appartenenti ad una nazione o civiltà e considerati come fondamentali per l’educazione dell’individuo in quanto attraverso di essi la nazione stessa  si propone di divulgare proprie tradizioni e valori (l’esempio più significativo è di sicuro i Promessi Sposi di Manzoni fortunatamente ancora insegnato a scuola).

Ci si chiede se sia possibile oggi rintracciare opere di recente pubblicazione che abbiano le caratteristiche necessarie per entrare a far parte del nostro canone letterario; confesso di essere fortemente scettico al riguardo per le ragioni che ho sopra esposto, cioè  per la forte convinzione di  vivere in una società oramai priva di valori in grado di produrre solo romanzetti che hanno come unico scopo quello di far voltare pagina al lettore ammazzando il tempo.

Verso la fine del Novecento c’è stato anche chi, sottolineando come il mondo odierno sia caratterizzato dal multiculturalismo (si pensi ai tanti scrittori di nazionalità e culture diverse che lavorano in Italia), ha proposto di aprire il canone anche a testi di culture esotiche e minoritarie; le ampie  discussioni condotte dagli studiosi hanno giustamente evidenziato come sia proficuo,ai fini di un allargamento delle conoscenze, occuparsi di letterature sconosciute a patto che non si pretenda ,come qualcuno ha fatto, di sostituire i nostri capolavori nazionali con opere lontane dal nostro modello di vita e dalla nostra cultura. Un esempio calzante è quello dell'americano Harold Bloom autore di un libro intitolato Il canone occidentale che rappresenta una appassionata difesa della letteratura occidentale dagli attacchi di coloro che ne hanno contestato il valore.

In conclusione, prima ancora di porsi il problema della scarsa quantità di libri acquistati in Italia, ritengo più importante preoccuparsi della qualità di ciò che si legge. Anziché Federico Moccia si cominci col leggere i capisaldi della nostra letteratura che in tanti secoli ha prodotto opere di straordinaria bellezza e nient'affatto noiose che non hanno nulla da invidiare alle altre letterature nazionali; non si trascuri la saggistica che riserva sempre qualcosa di interessante.

Le famiglie e la scuola abbiano la capacità di invogliare i giovani alla lettura di qualità orientandone i gusti e siate certi che così facendo si darà un importante contributo alla crescita degli acquisti librari.


© Luca Marinelli  26/03/2011

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