Cesano di Roma

I Chigi, da banchieri a feudatari da Siena a Roma

I Chigi, da banchieri a feudatari da Siena a Roma

I Chigi, da banchieri a feudatari da Siena a Roma
marzo 09
12:08 2010

Una mostra-evento ripercorre la storia e l’operato della famiglia patrizia nel comprensorio territoriale a nord dell’Urbe.

Noti ai più quasi solo per lo storico palazzo di Piazza Colonna che ne reca il nome, acquistato per poco più che un milione di lire nel 1918 dal Governo italiano e dal 1961 sede della Presidenza del Consiglio dei Ministri, i Chigi sono in realtà una delle più importanti e blasonate famiglie patrizie italiane. Oriundi della città di Siena, dove risultano impegnati nella mercatura e nella finanza sin dal XIII secolo, diedero assai presto due beati alla Chiesa cattolica (Giovanni da Lecceto e l’eremitana Angela) e dotarono la comunità toscana di appartenenza di insigni palazzi e prestigiosi monumenti, finanziati perlopiù da Mariano (1439-1504) e Sigismondo (1479-1525), potenti e munifici uomini d’affari.

Il più celebre membro della schiatta fu, tuttavia, Agostino, detto il Magnifico (1465-1520). Vissuto al tempo dei papi Giulio II della Rovere e Leone X de’ Medici, definito «il più grande mercante della Cristianità» dal sultano ottomano di Costantinopoli, costui fu attivo nella Corte romana come ricco banchiere e generoso mecenate, uno dei più grandi del Rinascimento. Stabilitosi nella Città eterna poco più che trentenne, commise a Baldassarre Peruzzi, a Raffello Sanzio e a Giovanni Antonio Bazzi detto il Sodoma rispettivamente la costruzione e la decorazione interna della sua villa suburbana della Lungara, sulla riva destra del Tevere, detta poi «la Farnesina» perché acquistata nel 1579 dai Farnese; fece quindi decorare all’urbinate la cosiddetta Cappella Chigi nella chiesa di Santa Maria della Pace, nel rione Ponte, e a Sebastiano del Piombo la cappella di famiglia in Santa Maria del Popolo, dove fu sepolto dopo la morte occorsagli a soli 55 anni.

Alla dipartita di Agostino, che aveva annodato relazioni commerciali e finanziarie pressoché in tutta Europa, e aveva fondato la sua fortuna su diverse attività imprenditoriali, quali l’estrazione e il commercio dell’allume della Tolfa, la gestione di tutte le saline dello Stato pontificio nonché l’appalto della dogana dei pascoli del Patrimonio di San Pietro in Tuscia, succedette un periodo di decadenza della famiglia, coevo alla caduta della Repubblica senese, che si risollevò esclusivamente per opera del cardinale Fabio (1599-1667), adito al soglio pontificio il 7 Aprile del 1655 con il nome di Alessandro VII.

Uomo di profonda cultura, non disgiunta da un’intensa spiritualità religiosa, particolarmente versato – fin dall’infanzia – negli studi di architettura e nelle lettere greche e latine, Fabio Chigi fu anch’egli protettore di letterati, scienziati e artisti. Di lui si ricorda, in particolare, il legame di amicizia che lo legò ad un artista del calibro di Gian Lorenzo Bernini, maestro del Barocco romano, cui commissionò la Cattedra di San Pietro nell’omonima Basilica, la Scala Regia in Vaticano e la sistemazione di Piazza San Pietro, con annesso colonnato, terminata nel 1667. Nonostante la sua avversione al nepotismo, divenuto pontefice beneficò largamente la sua città natale e i suoi familiari, dando loro assai remunerativi incarichi civili ed ecclesiastici. Nell’ottica, poi, di assicurare alla sua famiglia il controllo dei luoghi più significativi di accesso alla Città di Pietro da Nord, per giunta lungo itinerari che conducevano alla patria senese, favorì l’acquisto chigiano della parte più orientale del Ducato di Bracciano, quella incardinata tra le vie Cassia e Flaminia, già di proprietà della famiglia Orsini. In tal modo, il 5 Settembre 1661, il cardinale Flavio, suo cugino Agostino ed il padre del primo Mario entravano in possesso del principato di Campagnano, comprendente anche i centri di Formello, S(a)crofano e Cesano «con i loro territorij, tenute, beni e giurisdittioni» per il «giusto prezzo» di 345.000 scudi.

Come detto l’acquisto chigiano dei possedimenti orsiniani era funzionale – nell’ambito di una precisa strategia patrimoniale e di una mirata politica immobiliare favorita dal Papa regnante – alla creazione di un dominio compatto ed autonomo all’interno dello Stato pontificio, con caratteristiche diverse, seppur complementari, a quelle degli altri beni fondiari laziali del Casato quali Farnese (annesso nel 1658) e Ariccia (rilevato dai Savelli il 20 Luglio 1661), quest’ultima assolvente la funzione di principale residenza di campagna della schiatta (ed in particolare del principe Agostino, titolare della primogenitura, nonché capostipite del ramo romano dei Chigi), in forza della vicinanza a Castel Gandolfo che Alessandro VII aveva scelto come sede delle villeggiature papali.

Nelle terre rilevate i Chigi realizzarono bonifiche, miglioramenti infrastrutturali, strade di collegamento e nuove opere pubbliche al fine di incentivare le attività produttive locali e la produttività dei suoli, modificando dalle fondamenta ed – in sostanza – riformando l’antiquato sistema di gestione «feudale» dei possedimenti fondiari.

Ora, un’importante mostra-evento, dal significativo titolo: I Chigi a Formello: il feudo, la storia e l’arte, intende richiamare l’attenzione e mettere ordine sulle conoscenze finora acquisite circa questo importante periodo della storia dei territori limitrofi a Roma (Formello, Campagnano, Sacrofano, Cesano, Magliano Romano), ossia quello di massimo fervore architettonico, artistico e urbanistico dovuto alla famiglia Chigi, coincidente con la seconda metà del XVII secolo.

L’esposizione, allestita nella cornice dell’accogliente Sala Orsini di Palazzo Chigi a Formello, è articolata in undici sezioni o aree tematiche. Il percorso comincia con la presentazione dei protagonisti della storia che si va raccontando, ovvero i diversi membri della famiglia de Chisiis, signori di Macereto nel contado senese e nobili di tradizione guelfa. Tra questi spiccano il citato Fabio, suo fratello don Mario (creato nel 1655 “generalissimo delle armi della Chiesa” e, più tardi, duca d’Ariccia), il nipote di Alessandro VII Agostino (figlio di Augusto, nato nel 1634, castellano di Castel S. Angelo, principe di Farnese e Campagnano, marito di Maria Virginia Borghese, nipote a sua volta di Paolo V e figlia della ricchissima Olimpia Aldobrandini), ma soprattutto l’altro nipote del Papa, Flavio seniore (1631-1693), figlio di Mario e della nobile senese Berenice di Tiberio Della Ciaja. Amante del teatro, della caccia e della buona tavola, Flavio Chigi fu elevato alla porpora nel concistoro del 9 Aprile 1657 per iniziativa dello zio Papa, al quale fu sempre molto vicino, giovandosi più di ogni altro della sua posizione, pur non mancando di assicurare alla propria famiglia una stabilità patrimoniale e una confacente dignità principesca. Oltre alle sue indiscusse qualità teologiche, politiche e diplomatiche in seno alla Corte pontificia, ove operò alla stregua di un segretario di Stato tra il 1657 e il 1667, studi storico-artistici hanno esaurientemente messo in luce il suo ruolo di notevole collezionista e generoso committente artistico, in particolare a Formello, ove – a detta delle cronache del tempo – amava trascorrere lunghi periodi di ozio e di ristoro nelle sue residenze di Palazzo Chigi, già Orsini, e di Villa Versaglia.

Attraverso una ricca documentazione grafica e fotografica per larga parte inedita, la scrupolosa rilettura di documenti contabili e amministrativi (provenienti dall’Archivio Storico di Formello, dall’Archivio di Stato di Roma e dalla Biblioteca Apostolica Vaticana) e la presentazione di diversi reperti e opere d’arte del periodo in esame appartenuti alla raccolta privata del Cardinale, che per la prima volta tornano alla loro sede originaria (dipinti, arredi, corami, maioliche, piante topografiche e catastali), è ripercorsa la storia degli interventi edilizi, artistici e decorativi posti in essere nei due immobili menzionati: l’uno, sito nel cuore di Formello, con il suo Museo delle curiosità naturali, peregrine e antiche, modificato strutturalmente dall’insigne prelato sotto la direzione dell’architetto Felice della Greca e reso insigne grazie all’attività di una schiera di pittori, indoratori, mosaicisti, miniatori, incisori, arazzieri, medaglisti ed intagliatori (conosciamo il nome di diversi maestri che hanno collaborato a questi abbellimenti: Francesco Milizia, Giovan Battista Laurenti, il fiammingo Giovanni Momper, il senese Bernardino Mei, Paolo Albertoni, Francesco Corallo, etc.); l’altro (Villa Versaglia), edificato ex-novo nell’agro formellese con il decisivo apporto dell’architetto Carlo Fontana ma ispirato alla reggia francese di Versailles, visitata dal Chigi durante un viaggio «diplomatico» presso Luigi XIV in qualità di legato pontificio; quindi luogo di delizie e residenza di villeggiatura campagnola del Cardinal nepote, sede di banchetti e battute di caccia, domicilio di letterati e musicisti, come Bernardo Pasquini (1637-1710), compositore, clavicembalista e organista.

L’obiettivo della mostra è però anche e soprattutto quello di dare un primo inquadramento generale di tutto il feudo, scoprendo le sue radici comuni e le ricchezze nascoste di tutti i centri della Provincia di Roma a Nord della Capitale che entrarono nel 1661 tra i domini della famiglia Chigi. Così nella rassegna vengono introdotti ed inquadrati ad uno ad uno i principali monumenti (e luoghi) della fase chigiana di Formello (Valle del Sorbo, Mola Chigi, Villa Versaglia, Palazzo Chigi, Scuderie di via Nazario Sauro, Mola dell’olio o frantoio Chigi), di Campagnano (edificio noto come “Il Postiglione” e annesso Granaio Chigi con la zona bonificata del Lago di Baccano e di Stracciacappe; il centro storico con il Palazzo Venturi, “Palazzo Chigi” in piazza Cesare Leonelli, accanto al Comune, dove ha sede l’Università Agraria, la Fontana dei Delfini nella piazza restaurata da Augusto Chigi nel 1753, il Borgo Paolino con la Porta Romana), di Magliano (“Rocca”), di Sacrofano (Chiese di S. Biagio e di S. Giovanni Battista), ed infine di Cesano, ricadente nel territorio comunale di Roma, con la cosiddetta «Casa Padronale», palazzotto multistratificato ubicato all’ingresso del Borgo con funzione di abitazione del fattore per tutte le più o meno nobili famiglie (i Narducci, i Valdambrini, i Franceschi, etc.) che sono state in possesso del feudo locale.

Integrano e completano il percorso espositivo sezioni tematiche dedicate agli altri possedimenti della Famiglia in oggetto (a Siena, Roma ed Ariccia), ad aspetti della vita quotidiana nel Seicento (banchetti e musica), all’interesse dei Chigi per l’antichità etrusca e romana, e ai rapporti della stirpe con la Comunità religiosa formellese.

La manifestazione, proposta dal Comune di Formello, ma nata sotto l’egida e con il patrocinio della Provincia di Roma, prevede, oltre all’esposizione monografica, altre attività culturali legate al soggetto ispiratore. Fino alla fine del corrente anno, con una sinergia mai finora tentata tra Comuni coinvolti (Formello, Campagnano, Sacrofano, Magliano Romano e Roma-XX Municipio) e singoli proprietari di immobili/monumenti privati, verranno infatti organizzate visite guidate ai siti Chigi del territorio, a cura di esperti del settore, e predisposti moduli didattici per tutte le scuole del comprensorio. Il tutto con il nobile intento culturale di favorire, a più livelli, la conoscenza delle espressioni e dei linguaggi estetici del Seicento, di valorizzare alcuni beni storico-artistici finora trascurati e, non ultimo, di cooperare alla coesione delle comunità locali, in un’ottica di origini condivise.

Da Il Socrate, Dicembre 2009 ©Fabrizio Vistoli

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